Ducati 999, una moto che commercialmente vale zero, superata agli occhi del ducatista dalla bellissima (e potentissima) 1098, considerata un chiodo dai cultori delle jap perché arriva a malapena a 140cv all’albero, e un cesso dagli esteti innamorati della 916 o della MV F4.
E io me la sono comprata.
La mia frenetica rincorsa all’ultima novità mi fa quindi passare dopo appena 4 anni di Multistrada a una moto nuova ed eccitante. Nuova ed eccitante per me soltanto, visto che per il mondo intero ormai le Ducati sono solo 1098 e Hypermotard.
Ormai però la Multistrada mi aveva abituato a quell’estetica incerta, che piace a pochi e agli altri fa vomitare. Quei fari impilati l’uno sull’altro, quelle originali variazioni sul tema dello scarico sottosella (doppio cannone sulla Multistrada, termosifone sulla 999) sono un segno distintivo e riconoscibilissimo; il creatore di queste Ducati di inizio millennio prima di redimersi col pubblico creando la Hypermotard, ha di fatto definito un’era creando moto audaci e originalissime.
E io mi sono preso una 999s di terza mano con gli stessi soldi con cui mi sarei potuto permettere (forse) una Honda CB600F. Mi sono preso una moto piena di raffinatezze come la possibilità di regolarsi la posizione delle pedane e l’inclinazione del canotto di sterzo, la bellissima piastra di sterzo alleggerita, sospensioni tutte Ohlins che si regolano coi click anziché coi quarti di giro, pinze Brembo Triple Bridge, per non parlare del motorone da cento e passa cavalli. Gli stessi soldi di una Honda CB600F nuova. Chiamatemi fesso.
Ok, ho parlato del vile denaro, fatemi aggiungere anche che non è stato solo il fattore economico a convincermi di questa scelta. No, è stata una scelta ragionata; la cercavo da tempo una 999. All’inizio pensavo ad un 749S, poi ero orientato verso un 999 del 2005 per avere il motore a coppa bassa da 140cv e una linea più gradevole; infine ho scoperto che la 999S del 2003 aveva esattamente lo stesso motore, in più montava sospensioni Ohlins e costava mediamente parecchio di meno che non le base post-2005.
Cercavo un 999 perché tutti dicevano che in termini di efficacia e facilità di guida questa era migliore sia della vecchia 916/998 che (eresia ?) della nuova 1098 (che è forse un po’ più incavolata a causa del motore strapotente e dell’assetto meno piatto rispetto al 999). La cercavo perché a me la moto dura e pura, quella che non si veste da puttana per piacere a tutti, mi affascina. La volevo perché nel momento che tutti si prendono la 1098 io ci godo da matti a farmi la 999 e poi andare più veloce.
Dal sellino
Sali su, o meglio: ti ci cali dentro. Rispetto alla posizione di guida del Multistrada e della fantastica Hypermotard, qui sei proprio parte del mezzo. Non ho mai guidato prima supersportive; i mezzimanubri più sportivi che ho avuto sono stati quelli di una Honda CBR600F del 2000, praticamente una granturismo secondo i canoni sportivi attuali. Sul 999 ti ci cali dentro e poi scopri molto spazio per arretrare; un’ottima sella che ti fa scivolare agevolmente da una parte all’altra della moto quando sei in attack mode; dei semimanubri belli lontani ma non troppo più in basso rispetto alla sella; un ponte di comando molto evocativo, con un bel contagiri analogico a fondo bianco e una piastra di sterzo che pare uscito fuori dalla NCR da quanto è curata.
Era da tempo che volevo avere una vera moto sportiva, una coi mezzimanubri e le ginocchia da tenere alte. Questa 999 è il mio sogno; anche quando mi sono messo in tangenziale non ho potuto sopprimere il sorriso idiota sotto il casco, perché la moto ti fa proprio sentire ‘pilotà, grazie al borbottio cattivo (e così tanto diverso dal sound del duevalvole) che lo scaricone di serie riesce a non mortificare troppo, grazie alla posizione che assumi, tutta caricata in avanti con gomiti flessi che abbracciano il serbatoio.
E poi, da fermo, non puoi fare a meno di notare quanto tutta la moto sia stretta ed essenziale. Niente carenatura sovrabbondante, niente pancie da quattrocilindri che ti fanno la moto così larga al centro, niente colorazioni e sigle confuse; anche le tanto criticate pinne laterali della prima 999 sono in realtà così essenziali e minimali che ti viene il dubbio che qualche interessante proprietà aerodinamica forse ce l’hanno.
Oggi, dopo aver smontato specchietti e pedane del passeggero, la riguardavo nel cortile e sono rimasto ancora una volta folgorato da quanto questa 999 sia un vero animale da pista; un leopardo, così allungato e sottile, acquattato sulle Ohlins dorate, con lo scheletro del traliccio che lascia intravedere i muscolacci del cilindro verticale …cavolo se mi sono lasciato trasportare.
In movimento
Giro classico tanto per iniziare. Oggi è sabato 18 ottobre 2008, primo giorno con la 999s. Iniziamo con la scontata accoppiata Passo del Penice / Valtrebbia. L’autostrada fino a Piacenza Sud è un tranquillo prendere le misure alla moto nuova. Manco mi azzardo a spalancare il gas che di traffico ce n’è un po’ troppo; ‘sta moto in 3 decimi di secondo mi spara a duecento all’ora, devo un po’ aggiustarmi al nuovo continuum spaziotemporale.
Il tempo fa un po’ schifo, speravo in una gloriosa giornata di sole e invece è tutto nuvoloso e freddino. Di moto in giro non se ne vedono; arrivo a Bobbio e proseguo su per il passo del Penice. Le prime curve le prendo un po’ con attenzione; proseguendo su l’asfalto si fa umido e addirittura arrivo con la nebbia su al passo ! Mi fermo cinque minuti al bar, e faccio due chiacchiere con gli unici altri due motociclisti; i classici biemmevuisti con moto nuove di pacca dal peso imbarazzante. Vengono da Milano ma sono terroni come me; anche loro vanno giù per la Valtrebbia quindi mi invitano ad andar con loro. Io ringrazio e mi aggrego — e tra me e me penso che questi sulle prime curve umide giù dal passo faranno i gradassi con le loro gomme da freddo tedesco e le imperturbabili boxerone.
Mi fanno andare davanti, bontà loro. Scendo ancora più circospetto del solito, mi curo solo di me stesso naturalmente e poi dopo che ci togliamo dal nebbione allungo un po’ il passo e provo finalmente ad azzardare qualche pieghina. Arrivo giù a Bobbio mentre le Bmw sono ancora chissadove. Ovviamente sono novelli mototuristi, ma comunque sono simpatici e di compagnia (per quanto ci si possa fare compagnia ognuno sulla sua moto). Continuiamo assieme, e stavolta li faccio stare davanti. Dopo un po’ arrivano quelle serie di curve e controcurve che si attorcigliano su ste stesse e che segnano l’inizio della vera Valtrebbia. Il loro passo è più lento ed entrambi mi fanno passare; qui inizio a divertirmi sul serio. Ci spariamo quei trenta km fino a Rovegno, poi arrivati allo svincolo per Chiavari ci separiamo. A questo punto conto di poter arrivare fino al passo del Bracco e poi proseguire su per la Cisa fino a Parma. Uno dei due bmwisti, prima di andarsene, mi dice qualcosa sui fulmini; che glielo ricordavo per come andavo sulle curve, o roba simile. Io inizio bene attribuendo tutto il merito alla moto, poi però il dodicenne che è in me mi fa aggiungere che erano solo i primi km in sella a questa che per me è una moto nuova.
Continuo il giro da solo; faccio la solita strada che porta fino al passo del Bracco, e poi cerco in vari modi svalicare per arrivare sulla Cisa. Mi perdo come un idiota a girare nei dintorni di Montereggio cercando un mitologico valico appenninico che manco Amundsen e Shackleton. Con la mia nuova 999s enduro affronto: (1) strade bagnate, (2) strade bagnate e piene di foglie, (3) stradine bagnate, strette, sconnesse, piene di foglie e castagne, (4) stradine bagnate, strette, a tratti sterrate, piene di foglie e castagne. Per non parlare della prova speciale, che è una stradina ciottolata che si arrampica su in mezzo al paesino di Montereggio con almeno due o tre piccoli gradini. Meno male che la 999s è fatta apposta per questo tipo di percorsi.
Ritorno sui miei passi e trovo finalmente la stradina che mi porta dritto sulla Cisa. Qui un’ultima esperienza mistica che conclude la giornata; la guida in notturna sulle bellissime curve della Cisa.
Chiudo qui con due scene agguntive, tipo gli extra dei dvd; quelle scene che magari a qualche fanatico interessa ma che non si sa bene come ficcarle nel contesto generale.
Scena 1
Passo del Bracco, in Liguria. Parto dal bar e subito mi superano una Ktm Supermoto e una Erreerremillejap. La Ktm era arrivata nel piazzale poche decine di minuti prima tutta allegra, uscendo dalla curva col piedino fuori e poi scodinzolando fino a fermarsi; la guidava un tipo che chiamerò Capellofluente.
Provo ad accodarmi a questi due, tanto per sfizio. I due perdono tempo a pagliacciare un po’; la Supermoto viene guidata con tutta la consueta serie di manovrine da show tipiche del moderno motardaro da Appennino (ingressi in curva con gamba fuori, uscite in monoruota, etc etc).
Si accorgono subito di me; la Supermoto sorpassa il compare che evidentemente è il lentone dei due. Io faccio lo stesso. La Supermoto di punto in bianco finisce con le penne e inizia ad esser guidata come una sportiva vera, ginocchio giù e traiettorie pulite. Mi diverto, riesco a stargli dietro senza alcuno sforzo, sto pensando: adesso provo a punzecchiarlo un po’, poi succede qualcosa che mi fa cambiare idea e rallentare il ritmo.
Succede che mentre stiamo tirando, Capellofluente sulla Supermoto e io dietro, incrociamo due-tre moto che scendono giù a velocità stratosferica, ginocchio a terra, uno dietro l’altro tipo inseguimento da MotoGP. Bum, istantaneamente penso “che matti !!!” e poi mi rendo conto che anch’io sto facendo una cosa simile; certo, sto andando da turista rispetto a quelli lì, ma mi metto a tirare con uno sconosciuto, su una strada che ricordavo vagamente da un giro fatto forse un anno e mezzo prima, con una moto che ho preso in mano solo quella mattina per la prima volta ?
Fammi rallentare, da bravo.
Scena 2
Aggiornamento di Gennaio 2012: Qui avrei voluto raccontare il ritorno sulla Cisa al buio, di come mi godetti questo rientro, di come riuscii a guidare e a curvare pure di notte con la bellissima novenovenove. Ma poi il tempo è passato e non ho più la memoria fresca di quelle emozioni; potrei inventare ma non voglio.