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All’inizio era il verbo, e cioè la 916/996/998, una moto eterna che ancora oggi a 14 anni dalla presentazione resta bellissima, moderna e affascinante. Poi venne la 999, incompresa da molti ma ciononostante una gran bella sportiva, molto più personale di tante altre; per il solito gusto del controcorrente la 999 col passare del tempo mi è piaciuta sempre di più, e prima di vedere dal vivo la 1098 parlavo con gli amici e dicevo abbastanza convinto: “adesso che arriva da concessionari la nuova, questo è il momento buono per portarsi a casa un 999 con due soldi !”.

Poi sono andato al salone di Milano, ho visto da vicino questa 1098 e l’impressione iniziale resta quella: non è innovativa come lo fu la 916 nel 1992, o oltraggiosa come è stata la 999. Ha i “soliti” due cannoni che escono dal codino, il “solito” monobraccio, un codino che pare quello di una MV, i faretti davanti che ricordano un po’ troppo una qualsiasi jap però… però nonostante tutto, è davvero una moto meravigliosa !

Equilibrata ed elegante, dall’aspetto sottile e sportivo, nella solita tinta tuttarossa è qualcosa che appena la vedrò per la strada mi farà inciampare nel marciapiede o fare un dritto (a seconda che la incontri camminando o mentre sono in sella).

Mentre le jap non si stanno ferme un secondo, non fai a tempo a comprartene una che l’anno dopo già c’è qualche cambiamento (svolgere il tema: l’evoluzione degli scarichi in una sportiva giapponese moderna — si prenda ad esempio la GSX-R) la Ducati ti tira fuori una moto che sai già sarà eterna, perché:

  • mentre Suzuki piazza due osceni scariconi di forma improbabile sulla GSX-R 1000, Ducati ti esce fuori con una reinterpretazione originale e pulita del solito doppio scarico sottosella, e ti accorgi che negli anni passati tutte le soluzioni simili di Honda, Kawasaki e Yamaha hanno sempre avuto un che di posticcio, che appesantivano la linea anziché snellirla;

  • mentre Yamaha piazza sulla nuova R1 delle inutili pinze a sei pistoncini di un colore nero poveraccio, Ducati tira fuori una fantastica pinza monoblocco Brembo, una specie di evoluzione suprema della specie (per non parlare di quanto siano simili alle soluzioni che si vedono in motogp e sbk);

  • mentre tutte le giapponesi continuano a scopiazzare i loro cruscotti sempre però restando fedeli allo schema di base contagiri analogico-tachimetro lcd, Ducati mette un cruscottone racing tutto lcd che mi pare sia qualcosa di visto solo sulle motogp e in formula 1.

E questi sono solo tre esempi, e tutti relativi a un qualcosa che di solito io personalmente reputo secondario, e cioè l’aspetto estetico (non c’e bisogno di ricordare come la mia moto sia una Multistrada, oggettivamente difficile da digerire ma assolutamente eccellente dal punto di vista della guida). Ma in questo caso quello che affascina della 1098 è che la moto ha una estetica funzionale; non ci sono orpelli inutili come sulle nuove jap (chiedere per referenze a quegli ubriachi che hanno rovinato delle nude essenziali e piacevoli come Hornet e Z750) o, ammettiamolo, alcune spigolosità della 999. È una linea pulita, precisa e raffinata, come lo sono le moto da gara; in una parola, eterna.

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Quindi passiamo al lato dinamico; e qui almeno i numeri sono poco credibili.
Perché, e qui è colpa di Ducati, per anni abbiamo creduto che i bicilindrici a parità di cilindrata siano svantaggiati rispetto ai quattro; che il blocco motore di un bicilindrico sarà sempre molto pesante e difficile da snellire; che le vittorie in Superbike della Ducati siano sempre arrivate perché quelle moto, si sa, sono più simili a prototipi che alle moto che puoi comprare da un concessionario.
E quindi tutti noi ci siamo sempre ‘accontentatì (ed è stato un gran bello accontentarsi, devo dire) di moto non particolarmente veloci, né particolarmente leggere, ma tanto gustose da guidare.

Per inciso: io stesso amo alla follia i vecchi due valvole (ho avuto un Monster 900 a carburatori e adesso mi godo ancora il 1000 dual spark della Multistrada), parchi di cavalli ma non di emozioni, tra i motori più adatti all’uso sportivo stradale; e rimanendo in tema motore ‘vecchiò di gusto sempreverde, una delle moto che recentemente mi ha fatto divertire da matti su delle contorte strade dell’appennino romagnolo è stata una vecchia 748 base di un amico, la vera riscoperta del piacere di guida dei mezzi manubri. Insomma tutto questo per dire che io, personalmente, di un motore Ducati da centocinquanta cavalli non ne ho mai sentito bisogno per divertirmi.

Tornando alla Diecinovantotto; bene, a quanto pare questa è una moto che si presenta con gli stessi numeri delle mille quattrocilindri, e cioè ti spara tra le sue specifiche tecniche dei numeri tipo 170 chili e 150 cavalli o qualcosa del genere. Mah. E io in genere sono abbastanza scettico sui numeri e pure sulle prove dei giornalisti, però oggi mi sono letto un pezzo di Aliverti su Motociclismo commentando un test fatto a Monza con la 1098. E di solito è difficile trovare qualcosa di sincero in questi test-anteprima “in esclusiva”, ma da questo articolo traspare un’eccitazione e un divertimento simile a quello che potrei descrivere io, semplice appassionato con nessuna subordinazione psicologica per chi paga il mio datore di lavoro.

La sensazione è quindi che questa nuova Ducati sa davvero di rivoluzione; prestazioni paragonabili alle jap, linea da capogiro, prevedibile longevità del modello, e addirittura un prezzo che potrei definire ‘umanò visto che non è così tanto sproporzionato come quelli che propongono alcuni costruttori italiani di nicchia (leggi MV), o come io stesso temevo visti i prezzi sconci che Ducati ha sempre fatto su moto come Monster, Sportclassic e Multistrada.

E quindi lo confesso: quanto mi piacerebbe mettere le mani su questi mezzi manubri !