Qualche tempo fa cercavo uno sfogo per la mia fotografia. L’ho trovato pubblicando i miei weekly snaps; collezioni atematiche di fotografie scattate in diverse condizioni temporali, geografiche ed emozionali. O, evitando il pretenzioso vocabolario da pseudo artista e usando parole più terra terra, raccolta di foto prese un po’ a casaccio dai miei archivi.
In questi post periodici mostro foto che non fanno parte di un progetto organico, ma che in qualche modo conservano un posto speciale nella mia memoria; solitamente cerco di pubblicare foto che siano almeno dal punto di vista tecnico ineccepibili. La scelta e riuscita di ognuna di queste mini raccolte deve appagare solo e soltanto me in quanto sono un modo per incanalare la mia energia fotografica; così facendo evito anche il lungo e rigoroso processo di selezione a cui mi sentirei obbligato se dovessi presentare il lavoro ad un pubblico giudicante.
Quindi i weekly snaps sono:
- leggeri da preparare perché non c’è nessuna aspettativa;
- veloci nell’assemblare perché posso raggruppare immagini con temi e elaborazioni differenti mischiando bianco nero e colore, foto di famiglia con nature morte;
- appaganti perché sono uno sfogo creativo e un’illusione di prodotto finito;
- istruttivi perché costringono ad esercitare il mio senso critico scegliendo delle foto che abbiano valore oggettivo e non soggettivo, dove per valore intendo un qualche merito artistico (composizione originale o interessante), tecnico (messa a fuoco perfetta o post-processing che esalta colori e tonalità), narrativo (c’è una storia che si intuisce? è una foto capace di “raccontare”?).
Ma comunque mi rendo conto che restano un’esercizio, un divertissement abbastanza volatile — laddove invece un “vero” fotografo sceglie un tema e si costruisce dei progetti come ad esempio: skateboarders festaioli; palazzi in costruzione; la miseria nei sobborghi urbani; malati di malattie incurabili; riccastri con automobili d’epoca; foglie autunnali; fiori di montagna; montagne della Patagonia; ghiacciai in scioglimento; i pasti dei voli intercontinentali; oggetti rotondi.
Il “vero” fotografo alla fine crea un corpus organico di foto unite solitamente da pensiero (il tema sviluppato) e stile (coerenza pittorica data da un certo stile di elaborazione dei colori o scelta del medium espressivo o uso di certe focali); noto che a volte, tristemente, il senso artistico è dato unicamente dalla scelta a priori del tema, tipico di troppa arte-fuffa che si esibisce in mostre o su riviste patinate. In realtà esistono dei casi in cui il piano d’azione è qualcosa di effimero ma che acquista un suo senso solo perché nessuno l’ha mai fatto prima; ad esempio, autoritratti scattati con un qualche arcano processo che predata la pellicola1.
Resta il fatto che una foto a sé, priva di contesto o isolata, ha vita breve, sopratutto in un momento storico come questo in cui anneghiamo in un oceano di fotografie convogliate da diverse fonti (email; riviste online; social networks come twitter o facebook); come riprova di questo, vedo il successo e l’interesse che suscita il lavoro dei “curatori”.
È per questo che mi chiedo se abbia senso continuare con una pubblicazione estemporanea di foto come i miei weekly snaps; se sia necessario anche solo per stimolare la mia creatività abbracciare un progetto di qualsiasi tipo e vedere cosa ne salta fuori.
Invariabilmente le mie raccolte più organiche di fotografie sono sempre relative a viaggi o eventi sociali (matrimonio di qualche amico, la cresima della nipote; il ritrovo con amici), e quindi spesso soffrono nella fase di selezione da un elemento emotivo che non voglio togliere e a cui non posso rinunciare. Ad esempio, foto non perfette di un qualche momento speciale che devo condidere con l’amico con cui ho fatto il viaggio, non posso (voglio) cancellarle dalla mia selezione.
E quindi un progetto puramente fotografico svolgerebbe anche una funzione di fuga da queste costrizioni, e potrebbe fornire un insieme di immagini che (finalmente!) potrei giudicare e selezione ed editare unicamente in base a criteri quanto più oggettivi possibili.
Idee per progetti:
- le grondaie di Milano
- portoni e piccioni
- lungo i canali navigabili di Milano (Navigli, Muzza, etc)
- periferia e città dormitorio
- ritratto di un sobborgo pochissimo fotogenico
-
“The images themselves are glass-plate ambrotype positives straight from the camera, made with the wet-plate collodion process—an archaic, laborious technique dating back to photography’s earliest days. As in the majority of her recent work, the medium’s finickiness and imperfections give Mann’s self-portraits a haunted, Faulkner-esque tone—transforming them from straight photographs into objects resembling long-lost artifacts from a forgotten time.” (http://www.americanphotomag.com/photo-gallery/2012/10/wall-sally-manns-self-portraits-new-york) ↩