In questo periodo tutti (ma principalmente gli anglosassoni, e di conseguenza anche noi italiani a seguire come pecorelle) fanno la corsa a riassumere quello che è stato dell’anno passato e raccontare i propositi per il nuovo anno.
Io non so’ americano né mi piace fare la pecora, ma stavolta mi ci metto pure io: non a raccontare o fare un riassunto di quello che è stato, né in modo particolare pormi degli obiettivi per il nuovo anno, ma una piccola cosa sì, quello vorrei raccontarlo.
Si tratta di un “classico” 365, cioè un progetto fotografico in cui mi impegno a fare una foto al giorno.
Il tema è mia figlia Valentina, che oggi compie 17 mesi. Durante il suo primo anno di vita sono riuscito a fare un piccolo video alla scadenza di ogni mese. Riguardandoli dopo relativamente poco tempo mi accorgo di quanto preziosi siano questi mini documentari perché sono una prova tangibile di quanto davvero rapida sia la crescita di una bambina di questa età.
Ognuno di questi video però mi ha richiesto uno sforzo non indifferente; fare riprese e poi montarle, a volte cercando anche una colonna sonora adatta, in mezzo alle innumerevoli altre faccende familiari e lavorative, non è stato troppo facile. Tante volte mi sono trovato ad affrettare il montaggio perché sapevo che dopo pochi giorni avrei avuto altri venti-trenta minuti di riprese da organizzare, ritagliare, cancellare. Sono stato contento di aver portato a termine questo mio sforzo ‘creativò che, al contrario di tutte le mie altre cose, non aveva altro beneficiario se non mia figlia — ma filmatini mensili, basta così.
Cercavo quindi qualche altra via per continuare a documentare le crescita di Valentina e farle così un regalo che spero possa apprezzare quando diventa grande. Non volevo abbandonare alle ribalderie del tempo la meravigliosa e strabiliante e velocissima evoluzione di un esserino che adesso è di settanta centimetri e dieci chili, e tra un anno chissà.
Quindi ho pensato a un qualcosa di ancora più ritmato ma allo stesso tempo potenzialmente più facile da gestire. Nulla di nuovo o particolarmente originale: il mondo (cioè internet) è pieno di questi three-sixty-five projects, che fotografi amatoriali iniziano ogni anno per darsi un obiettivo, avere un appuntamento periodico per affinare la loro arte o produrre un insieme organico da esibire a compimento del progetto.
Quello che voglio fare io è molto più modesto, senza alcuna velleità artistica; mi impegno dunque a scattare una fotografia al giorno a Valentina, per un intero anno.
Non ci sarà nessun risultato pubblico1; le foto saranno private e non le pubblicherò su questo blog se non per farne una selezione estemporanea, magari a documentare la conclusione del progetto; verranno caricate su flickr come foto personali per avere una copia di sicurezza ma i miei (due) fedeli lettori sapranno se sono riuscito a tener fede a questo impegno; cioè nel caso perdessi colpi, abbandonassi il progetto o altro, lo dichiarerò (questo sì) pubblicamente.
Per minimizzare tempo fatica e prevenire la noia o la fretta o gli impegni che sicuramente mi bloccheranno molti giorni, ho deciso di scattare tutto in jpg con un profilo colore (“Picture Control” in gergo Nikon) che è il Portrait ulteriormente “appiattito” (cioè ho levato un pizzico di saturazione e contrasto).
La mia intenzione è poi di creare un libraccio in cui ogni pagina raccolga sette fotografie così da avere in poco più di una cinquantina di pagine l’intero anno. Lo lascerei poi lì a invecchiare, fino a che Valentina non lo riscopri un giorno, e si riveda in quella bambinetta che era stata alta settanta centimetri all’inizio del 2014.
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Confesso che all’inizio pensavo di pubblicare le raccolte settimanali di queste fotografie. Poi Giulia mi ha fatto cambiare idea, e mi ha fatto riflettere su quanti bambini siano abusati dai pur benintenzionati genitori che ne sbandierano gesta, situazioni e momenti, per egoistica soddisfazione personale (quelli che chiamo “Facebook kids”) o come inconsapevoli protagonisti di esperimenti ‘artistici’ (vedi ad esempio Elinor Carucci, Sally Mann o “the reluctant father”). ↩