Punch Drunk Love, a.k.a. il lato oscuro di Adam Sandler.
C’e’ un lui che e’ schizzato. Schizzato di brutto. Ma all’inizio non sembra.
E’ gentile coi suoi colleghi di lavoro, si mette giacca e cravatta, dice sempre si’ alle sorelle rompipalle.
Ma !
Ma dice di no ad una tipa che vuole uscire con lui. Ed e’ pieno di tic. Quindi tu inizi a sospettare che lui e’ schizzato. Poi una sera va a cena dalle sorelle rompipalle, qualcuno dice qualcosa, e lui distrugge una vetrata in un moto violento dall’incredibile potere cinematografico.
Ok, e’ schizzato. Ma e’ simpatico, tifi per lui.
Si mette nei guai con una telefonata ad una hotline sexy. La sua carta di credito, dove vive, quanto guadagna, tutto gli riescono a carpire ‘sti delinquenti. Che sono capitanati dal (sempre bravissimo) Philip Seymour Hoffmann (quello di Magnolia e Capote).
Si innamora della tipa di prima, quella a cui aveva detto di no.
I delinquenti le fanno del male e lui s’incazza. Finalmente una valvola di sfogo appropriata per il nostro schizzatissimo Adam Sandler.
Ok, il film finisce bene. C’e’ un lieto fine. Ci sono loro due che si vogliono bene. I cattivi sconfitti. Classica americanata, dirai tu ?
E invece no. Perche’ lui (Adam Sandler, lo schizzato) e’ bravissimo. Perche’ i dialoghi sono anticonvenzionali. Perche’ ci sono tre o quattro scene da vedere e rivedere come fossero belle fotografie (ad esempio: l’inizio del film, con il camioncino che si ribalta e perde l’oggetto misterioso con un schianto che rompe la l’alba di una L.A. periferica; la distruzione della vetrata nella casa della sorella; la violenza nel bagno del ristorante).